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Sottotetti in regione lombardia: vanno realizzati prima di essere recuperati?

Lorenzo Spallino

Autore: Lorenzo Spallino

Data: 3.7.2006

Utilizzo: questo articolo è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Italia


Il quadro normativo in materia di recupero dei sottotetti in Lombardia

La legislazione lombarda in materia di recupero ai fini abitativi dei sottotetti è tutta da rintracciarsi all’interno della legge regionale n. 12 del 31.3.2005. Il testo originariamente licenziato aveva sostanzialmente riprodotto il contenuto della l.r. 15.7.1996, n. 15, la quale ammetteva il recupero dei sottotetti “esistenti”, espressione successivamente estesa – a seguito della legge di interpretazione autentica n.18/2001 - ai sottotetti degli edifici in corso di costruzione, purché già eseguiti al rustico. Abrogate la l.r. 15/1996 e la l.r. 22/1999, il testo della l.r. 12/2005 è stato in buona parte riformulato dalla l.r. 27.12.2005, n. 20, la quale ha di fatto eliminato ogni limitazione temporale agli interventi di recupero, oggi ammessi con riferimento agli edifici:

  1. esistenti alla data del 31 dicembre 2005, o assentiti sulla base di permessi di costruire rilasciati entro il 31 dicembre 2005, ovvero di denunce di inizio attività presentate entro il 1° dicembre 2005” (art. 63, c. 2);
  2. realizzati sulla base di permessi di costruire rilasciati successivamente al 31 dicembre 2005, ovvero di denunce di inizio attività presentate successivamente al 1° dicembre 2005, decorsi cinque anni dalla data di conseguimento dell’agibilità, anche per silenzio-assenso” (art. 63 c. 4) [nota 1].

La nozione di sottotetti nella l.r. 12/2005: esistenti o semplicemente autorizzati?

Sin dal  rilascio della novella gli operatori professionali si sono interrogati sull'efficacia della disposizione, ossia se essa deponga, o meno, nel senso di ^obbligare^ i soggetti che abbiano conseguito positivamente un permesso di costruire anteriore al 31 dicembre 2005, o una D.I.A. anteriore al 1° dicembre, a realizzare fedelmente le previsioni del titolo originario quand’anche intendano apportare delle modifiche nel senso di variarne il contenuto progettuale per recuperare il sottotetto in progetto.

Da un lato, le amministrazioni locali sono per lo più orientate a leggere le disposizioni citate nel senso che il sottotetto, per poter essere recuperato ai fini abitativi, deve necessariamente essere realizzato, sia pure al rustico, poiché in tal senso, si afferma, depone  l'art. 63 novellato, il quale definisce sottotetti:

i volumi sovrastanti l’ultimo piano degli edifici dei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura”.

Ciò a dire che prima della ultimazione del rustico dell'edificio, nessun sottotetto potrebbe dirsi esistente: la conseguenza è il proliferare di sottotetti ^provvisori^, eseguiti al rustico, destinati ad essere demoliti per far spazio agli interventi di recupero non appena decorsi i termini della D.I.A. o ritirato il permesso di costruire in variante.

La tesi contraria alla obbligatorietà della realizzazione del sottotetto anteriormente al suo recupero

La lettura citata ha dalla sua, ovviamente, il testo della disposizione regionale: che essa debba essere destinata ad avere applicazione generalizzata ed indiscussa è tuttavia meno certo.

Vi sono almeno due ordini di considerazioni su cui ragionare, che possono in qualche modo ^scardinare^ l'assolutezza dell'impianto interpretativo strettamente letterale.

Il primo è che imporre la realizzazione di sottotetti destinati ad essere demoliti al fine del loro recupero sembra porsi in contrasto con i principi di efficacia e di ragionevolezza dell’azione amministrativa sanciti dall’articolo 1 della legge 241 del 1990, come novellata dalle leggi n. 15 e n. 80 del 2005, nella misura in cui si traduce in un aggravio del tutto irragionevole e privo di scopo dell’attività del privato [nota 2]. Può forse essere utile ricordare, in queste sede, che il diritto amministrativo si sta da tempo orientando verso l’implementazione dei principi di efficacia e di efficienza all’interno delletradizionali categorie di legittimità degli atti: le modifiche costituzionali (art. 117, c. 3 e 6; art. 118) e la riorganizzazione delle fonti normative tramite l’attribuzione diffusa di competenze portano ad un diritto amministrativo più flessibile ed una amministrazione di risultati che modifica la concezione stessa della legittimità dell'azione amministrativa, dove la legittimità perde valore di per sé, per diventare essa stessa strumento di buona amministrazione [nota 3].

Il secondo è che lo stesso dettato letterale non sembra essere così saldo nei suoi presupposti. Il legislatore lombardo ha infatti utilizzato espressioni affatto diverse quando ha inteso delimitare l’ambito temporale di applicazione delle disposizioni contenute negli articoli 63/65 della l.r. 12/2005, alternativamente distinguendo tra edifici:

Se dunque per gli edifici in essere alla data del 31 dicembre 2005 è stata utilizzata l’espressione “esistente”, valore letterale che non lascia adito a interpretazioni circa la compiutezza degli stessi, per quelli ancora da realizzare è stato utilizzato il termine “assentiti”. Circostanza che può essere ragionevolmente letta nel senso della volontà del legislatore di prescindere da qualsiasi considerazione circa la concretizzazione, in tutto o in parte, degli interventi. D'altro canto se, al contrario, il legislatore lombardo avesse voluto pretendere la realizzazione degli interventi come assentiti dal titolo originario, è presumibile che egli avrebbe usato l’espressione “realizzati sulla base di …” e non, semplicemente, assentiti.

La nozione di sottotetto: valore della disposizione ai fini interpretativi

Ribadiscono ed obiettano i sostenitori dell'interpretazione letterale che il comma 1bis dell’art. 63, introdotto con la l.r. 20/2005, definisce sottotetti “i volumi sovrastanti l’ultimo piano degli edifici dei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura”, replicando il comma 4 dell’originario articolo 63.

L'affermazione sembrerebbe dirimente: anch'essa tuttavia porge il fianco ad almeno due ordini di repliche. In primo luogo perché la disposizione va raccordata alla sostituzione, da parte della l.r. 20/2005, del secondo comma dell’articolo 63 della l.r. 12/2005, il quale limitava espressamente l’applicazione del titolo IV della legge al “piano sottotetto esistente al momento della presentazione della domanda di permesso di costruire“, circostanza oggi non più valida. In secondo luogo perché, quand’anche la disposizione andasse letta nel senso indicato, essa, si afferma, contrasterebbe con la disposizione contenuta nel comma quarto che contiene le espressioni citate nel paragrafo precedente, con tutto che ove una disposizione sia suscettibile di interpretazioni diverse, essa va intesa nel senso più favorevole al privato proponente, nel rispetto del principio del giusto contemperamento tra le istanze di stampo pubblicistico sottese all’impianto normativo e le aspettative del privato all’attuazione delle facoltà rimessegli dalla normativa edilizia.

Conclusioni

Ad oggi il T.A.R. Lombardia non si è ancora pronunciato sulla fattispecie dopo la novella del dicembre 2005: attendiamo di leggerlo in proposito per vedere quale interpretazione vorrà sposare e se, come in precedenza, vi saranno orientamenti diversi tra le diverse sedi territoriali.

Nota 1:
  • L.r. Lombardia n. 12/2005, art. 63. (Finalità e presupposti)

    1. La Regione promuove il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti con l'obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici.

    1-bis. Si definiscono sottotetti i volumi sovrastanti l’ultimo piano degli edifici dei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura.

    2. Negli edifici, destinati a residenza per almeno il venticinque per cento della superficie lorda di pavimento (S.l.p.) complessiva, esistenti alla data del 31 dicembre 2005, o assentiti sulla base di permessi di costruire rilasciati entro il 31 dicembre 2005, ovvero di denunce di inizio attività presentate entro il 1° dicembre 2005, è consentito il recupero volumetrico a solo scopo residenziale del piano sottotetto.

    3. Ai sensi di quanto disposto dagli articoli 36, comma 2 e 44, comma 2, il recupero volumetrico di cui al comma 2 può essere consentito solo nel caso in cui gli edifici interessati siano serviti da tutte le urbanizzazioni primarie, ovvero in presenza di impegno, da parte dei soggetti interessati, alla realizzazione delle suddette urbanizzazioni, contemporaneamente alla realizzazione dell’intervento ed entro la fine dei relativi pubblicazioni.

    4. Il recupero volumetrico a solo scopo residenziale del piano sottotetto è consentito anche negli edifici, destinati a residenza per almeno il venticinque per cento della S.l.p. complessiva, realizzati sulla base di permessi di costruire rilasciati successivamente al 31 dicembre 2005, ovvero di denunce di inizio attività presentate successivamente al 1° dicembre 2005, decorsi cinque anni dalla data di conseguimento dell’agibilità, anche per silenzio-assenso.

    5. […]

    6. […]

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Nota 2:
  • I giudici, sia amministrativi che penali, hanno già avuto modo di esprimersi su fattispecie analoghe: si pensi – nel campo edilizio - al caso della così detta ^sanatoria giurisprudenziale^ nel regime dell’articolo 13 l. 47/1985, dove la formulazione della norma aveva dato adito a dubbi in ordine alla sua collocazione nel sistema generale della normativa urbanistica, chiedendosi gli interpreti se essa precludesse la possibilità di rilasciare una concessione “in sanatoria” al di fuori della presenza della quadruplice condizione della conformità tra opera e strumenti urbanistici succedutisi nel tempo. Al quesito, tanto il Consiglio di Stato [Cons. Stato, sez.V, 13.2.1995 n. 238, conf. TAR Lombardia, Brescia, 18.9.2002 n. 1176]quanto la Corte di Cassazione penale [Cassazione penale, sez. III, 9 febbraio 1998, n. 1492 Svara e altro] hanno dato risposte negative, evidenziando come “il buon senso, prima ancora dei ricordati principi, impedisca di subordinare l'autorizzazione di un’opera alla previa demolizione di quella identica già realizzata abusivamente”. Con tutto che nella fattispecie che ci interessa neppure è rintracciabile l’elemento della illiceità o dell’abusività dell’opera [Consiglio di Stato, sez. V, n. 238/1995 cit].

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Nota 3:
  • V., per tutti, l'introduzione di V. Cerulli Irelli in Corso di diritto amministrativo, Giapichelli, 2002.

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