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L.R. Lombardia n. 31/2014: le disposizioni transitorie per i piani attuativi
Autore: Lorenzo Spallino
Data: 23.01.2015
Utilizzo: questo articolo è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Italia
Abstract
risorse
»
L.R. Lombardia 28 novembre 2014, n. 31
» L.R. Lombardia 28 novembre 2014, n. 31: tabella cronologica degli adempimenti
» L. R. Lombardia n. 31/2014: gli indirizzi interpretativi della D. G. Territorio
La l.r. n. 31/2014, Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e per la riqualificazione del suolo degradato contiene, tra le norme transitorie, disposizioni specifiche per i piani attuativi previsti dalla normativa urbanistica locale ma non ancora attuati. Il lavoro tende a metterne in luce meccanismi e criticità.
Le misure transitorie della l.r. 31/2014
Il traguardo del consumo zero nel 2050 è raggiunto, nelle intenzioni del legislatore, attraverso strumenti tra loro coordinati.
Tra questi le misure transitorie per le amministrazioni locali consistenti:
- nel regime moratorio per le varianti ai PGT (art. 5, comma 4):
- nella accelerazione della approvazione dei piani attuativi connessi alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti (art. 5, commi 6/9);
- nella maggiorazione del costo di costruzione, valevole fino all'adeguamento dei PGT (art. 5, comma 10).
Il presente lavoro tratta delle seconde.
Le disposizioni per i piani attuativi: l'art. 5 della l.r. 31/2014
L'art. 5 della legge regionale n. 31 dedica i commi 6/9 ai piani attuativi conformi o in variante connessi alle previsioni di Piani di Territorio vigenti al 2 dicembre 2014, data di entrata in vigore della novella regionale.
L'insieme delle disposizioni può essere così riassunto:
- le previsioni degli strumenti urbanistici relative a piani attuativi devono essere attivate sino al 1 giugno 2017 (trenta mesi dalla data di entrata in vigore della l.r. 31/2014) (comma 6);
- in caso di inerzia delle amministrazioni locali è possibile chiedere l'intervento regionale, tramite commissario ad acta (comma 7);
- gli importi relativi alle monetizzazioni dei piani tempestivamente attivati possono essere rateizzati (comma 8);
- in assenza di attivazione o di stipula della convenzione sino al 1 giugno 2017, le previsioni di PGT sono sospese sino all'esito del processo di adeguamento degli strumenti urbanistici previsto dai commi 1/3 del medesimo articolo 5 (comma 9, prima parte);
- adeguato il PGT, i comuni hanno 90 giorni per verificare la compatibilità delle previsioni sospese con le nuove prescrizioni in tema di consumo di suolo. Se l'esito fosse negativo, queste vengono abrogate (comma 9, seconda parte).
Articolo 5, comma 6
6. La presentazione dell'istanza di cui all'articolo 14 della l.r. 12/2005 dei piani attuativi conformi o in variante connessi alle previsioni di PGT vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge deve intervenire entro trenta mesi da tale ultima data. Per detti piani e per quelli la cui istanza di approvazione sia già pendente alla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni provvedono alla istruttoria tecnica, nonché alla adozione e approvazione definitiva in conformità all'articolo 14 della l.r. 12/2005. La relativa convenzione di cui all'articolo 46 della l.r. 12/2005 è tassativamente stipulata entro diciotto mesi dall'intervenuta esecutività della delibera comunale di approvazione definitiva.
I profili interpretativi attengono:
- al riferimento al meccanismo dell'istanza sollecitatoria dei poteri sostitutivi regionali, di cui al comma 9 dell'art. 14 della l.r. 12 del 2005;
- al raccordo con il divieto di approvare varianti al PGT che comportino nuovo consumo di suolo
- alla applicabilità o meno della disposizione ai piani non interessanti aree libere;
- alle conseguenze del mancato rispetto del termine per la sottoscrizione della convenzione attuativa.
Sub 1): il riferimento all'istanza sollecitatoria dell'art. 14 l.r. 12/2005
Il comma 6 dell'articolo 5 pone il termine del 1 giugno 2017 per il deposito dell'istanza di cui all'articolo 14 della l.r. 12 del 2005.
L'utilizzo del termine "istanza" non è indifferente per l'interprete.
L'articolo 14 della legge 12 distingue infatti tra:
- "presentazione al comune del piano attuativo o della variante" (comma 1);
- e "istanza per la nomina di un commissario ad acta" per l'ipotesi in cui il comune sia rimasto inerte di fronte alla diffida a provvedere (comma 9).
Il riferimento è dunque non al semplice deposito di domande di approvazione di piani attuativi, ma allo specifico atto di sollecitazione presso la Regione per l'esercizio dei poteri sostitutivi.
La circostanza vale a ritenere che il termine di trenta mesi valga solo per quei piani nei quali il comportamento dell'ente locale imponga al privato la presentazione dell'istanza in questione, e che quindi sia consentito presentare piani attuativi - purchè ^deprivati^ del rimedio sostitutivo - anche successivamente alla scadenza del 1 giugno 2017?
Nell'ottica del sistema di salvaguardia disegnato dal legislatore regionale in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici, la disposizione deve essere letta come estesa a qualsiasi iniziativa legata ad un piano attuativo, compresa la mera domanda di approvazione dello stesso.
In tal senso depone il comma 9 quando - proprio con riguardo ai piani attuativi per i quali non sia tempestivamente presentata l'istanza di cui al comma 6 - dispone la sospensione delle previsioni di PGT.
Disposizione che non avrebbe senso se la limitazione temporale del comma 6 si applicasse alle sole istanze sollecitatorie.
Sub 2): il raccordo con il divieto di approvare varianti al PGT che comportino nuovo consumo di suolo.
La disposizione ha come ambito di riferimento
i piani attuativi conformi o in variante connessi alle previsioni di PGT vigenti
Il dato testuale sconta l'indeterminatezza dell'espressione "in variante", che può essere letta:
- sia come in variante a piani attuativi;
- sia come in variante allo strumento urbanistico.
Più puntuale sotto il profilo lessicale è stato, a questo proposito, il legislatore della l.r. 12 del 2005 quando ha indicato in novanta giorni il termine entro il quale "I piani attuativi e loro varianti, conformi alle previsioni degli atti di PGT, sono adottati dal Consiglio comunale [...]".
Occorre raccordare la disposizione con quanto disposto dal comma 4 del medesimo articolo, a norma del quale fino alla definizione nel PGT della soglia comunale del consumo di suolo
i comuni possono approvare unicamente varianti del PGT e piani attuativi in variante al PGT, che non comportino nuovo consumo di suolo.
Il raffronto tra le due disposizioni potrebbe indurre a ritenere che:
- o il divieto di cui al comma 4 è di rango superiore, e allora i piani attuativi in variante al PGT di cui al comma 6 non potranno comunque prevedere nuovo consumo di suolo, inteso come saldo negativo tra suolo agricolo e suolo trasformato (art. 2, lettera c);
- o la circostanza dell'avere il legislatore contemplato anche i piani attuativi in variante tra quelli attivabili sino al 1 giugno 2017 sia da intendersi come canone speciale derogatorio della norma generale, e allora i piani attuativi in variante al PGT attivati entro tale data potranno prevedere un saldo positivo di consumo di suolo.
La risposta risiede, con ogni probabilità, nelle intenzioni del legislatore.
Se infatti si vuole evitare di privare di efficacia il regime moratorio del comma 4, che espressamente menziona i piani attuativi in variante al PGT tra gli atti non licenziabili nel periodo di mora qualora comportino nuovo consumo di suolo, è necessario rispondere che l'espressione "in variante" di cui al comma 6 sia riferita agli strumenti urbanistici, non ai piani attuativi.
In questo modo non solo le due norme (comma 4 e comma 6) continuerebbero a convivere, ma si darebbe omogeneità alle previsioni di salvaguardia.
Resta irrisolto il dato letterale della disposizione, che opportunamente andrebbe uniformato all'esressione utilizzata al comma 4.
Sub 3): i piani non interessanti aree libere
La disposizione acceleratoria del comma 6 non distingue tra piani attuativi le cui previsioni riguardano aree libere o piani che coinvolgono esclusivamente aree già trasformate.
Come è stato notato, sarebbe illogico interpretare la norma nel senso di applicarla ad ogni piano attuativo, sia che riguardi (in tutto o in parte) aree libere sia che non le riguardi.
L'annotazione - del tutto corretta - trova tuttavia maggior dettaglio nella definizione di consumo di suolo contenuta nella lettera c), comma 1, dell'articolo 2, che definisce consumo di suolo
la trasformazione, per la prima volta, di una superficie agricola da parte di uno strumento di governo del territorio [...]
In conclusione: ferma l'attesa di un intervento del legislatore regionale che tenga conto delle aspettative riposte dagli strumenti urbanistici nei piani attuativi riguardanti mero tessuto edificato, l'accellerazione di cui al comma 6 non dovrebbe che riguardare piani attuativi che contengano trasformazioni di suolo agricolo, non fosse altro perchè l'adeguamento del PGT non dovrebbe contenere alcun riferimento a ambiti edificati.
Sub 4): conseguenze del mancato rispetto del termine per la sottoscrizione della convenzione attuativa
Il legislatore indica in dodici mesi il termine entro il quale, a partire dalla intervenuta esecutività della delibera comunale di approvazione definitiva, deve "tassativamente" essere stipulata la convenzione.
La norma affronta una problematica conosciuta dagli enti locali, che generalmente sopperiscono attraverso disposizioni dedicate dello strumento urbanistico alle problematiche derivanti dalla inattività dei soggetti proponenti, una volta intervenuta l'approvazione dei piani attuativi. Nè la normativa nazionale (art. 28 l.u.) nè quella regionale (art. 46 l.r. 12/2005) contengono infatti una previsione temporale in tal senso.
Per comprendere il senso dell'espressione "tassativamente" la norma va letta in uno con il comma 9, avendo presente che il comma 6 contiene sia il riferimento all'istanza di cui all'articolo 14 della l.r. 12 (di attivazione) sia il riferimento ai piani di cui la più generica istanza "di approvazione" sia già pendente alla data di entrata in vigore della l.r. 31.
La lettura combinata delle disposizioni dice che:
- per i piani interessati da istanza di attivazione depositata nel termine di cui al comma 6 o la cui istanza di approvazione sia pendente alla data del 2 dicembre 2014, all'approvazione definitiva consegue l'obbligo di stipulare la convenzione attuativa entro dodici mesi dalla esecutività della delibera comunale (comma 6);
- qualora l'istanza di attivazione non sia stata depositata o la convenzione non sia stata sottoscritta nei termini indicati, le amministrazioni locali sono tenute - tramite deliberazione del consiglio comunale (anche quando la competenza a delibera sui piani sia della giunta) - a sospendere la previsione di PGT relativa al piano attuativo sino all'esito del processo di adeguamento al PTR e al PTCP.
Articolo 5, comma 7
7. In tutti i casi di inerzia o di ritardo comunale negli adempimenti di cui al comma 6 l'interessato può chiedere alla Regione la nomina di un commissario ad acta. Il dirigente della competente struttura regionale, ricevuta l'istanza, procede ai fini dell'intimazione al comune di adempiere entro il termine di sette giorni dal ricevimento dell'intimazione. Nel caso di ulteriore inerzia del comune, comunque comprovata, la Giunta regionale nomina un commissario ad acta nel termine dei sette giorni successivi alla scadenza della diffida. Il commissario ad acta così; designato esaurisce tempestivamente gli adempimenti di istruttoria tecnica, adozione, approvazione e convenzionamento secondo necessità. A far tempo dalla nomina del commissario ad acta, il comune non può più provvedere sull'istanza.
La disposizione ricalca quella contenuta nel comma 9 dell'articolo 14 della l.r. 12: le differenze sono perlopiù legate ad una riformulazione dei termini temporali.
Interessante, in quanto non contenuta nell'articolo 14 della l.r. 12, il divieto per il Comune di intervenire nel procedimento una volta nominato il Commissario.
Si tratta di chiaro recepimento dell'indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in base al principio di effettività della tutela giurisdizionale, il Commissario ad acta, nominato in sostituzione di un'Amministrazione Pubblica inadempiente, deve concludere il procedimento amministrativo, sostituendosi in tutte le competenze dell'Ente (T.A.R. Campania, Salerno, 27 giugno 2014, n. 1131; T.A.R. Catanzaro Calabria sez. II, 17 dicembre 2013, n. 1171).
Articolo 5, comma 8
8. Per i piani attuativi tempestivamente attivati ai sensi del comma 6, il comune può prevedere che la relativa convenzione di cui all'articolo 46 della l.r. 12/2005 consenta la dilazione di pagamento degli importi dovuti, ai sensi del comma 1, lettera a), del predetto articolo e a titolo di monetizzazione di cessioni di aree, fino ad un massimo di sei rate semestrali, ciascuna di pari importo, da corrispondersi a far tempo dal diciottesimo mese successivo alla stipula della convenzione stessa.
La disposizione introduce una sorta di regime di favore per i piani attivati sino al 1 giugno 2017.
Tuttavia, la specificità del riferimento ai piani "attivati ai sensi del comma 6" piuttosto che, più in generale, ai piani per i quali sia stata presentata istanza di approvazione alla data di entrata in vigore della l.r. 31 (cfr. comma 6), potrebbe indurre a ritenere che la portata della disposizione sia limitata ai primi.
Conclusione quantomeno curiosa se il senso dei commi 6/9 è quello di favorire l'esaurimento delle previsioni edificatorie contenute nei piani attuativi in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici alle nuove linee di indirizzo del PTR e dei PTCP in materia di contenimento del consuomo di suolo.
Fa velo, dunque, un utilizzo quantomeno approssimativo della terminologia di riferimento.
Articolo 5, comma 9
9. Con riguardo ai piani attuativi, per i quali non sia tempestivamente presentata l'istanza di cui al comma 6 o il proponente non abbia adempiuto alla stipula della convenzione nei termini ivi previsti, i comuni, con motivata deliberazione di consiglio comunale, sospendono la previsione di PGT sino all'esito del procedimento di adeguamento di cui al comma 3 e, entro i successivi novanta giorni, verificano la compatibilità delle previsioni sospese con le prescrizioni sul consumo di suolo previste dal PGT, disponendone l'abrogazione in caso di incompatibilità assoluta, ovvero impegnando il proponente alle necessarie modifiche e integrazioni negli altri casi.
Il raccordo con il comma 6
Come detto a proposito del comma 6 (v. sub 4), la disposizione va letta in uno con questa.
Le due norme insieme disciplinano i diversi casi riguardanti:
- i piani interessati da istanza di attivazione depositata nel termine di cui al comma 6 o la cui istanza di approvazione sia pendente alla data del 2 dicembre 2014;
- i piani per i quali l'istanza di attivazione non sia stata depositata o la convenzione non sia stata sottoscritta nei termini indicati.
Il comma in questione regola la seconda fattispecie disponendo:
- successivamente al 1 giugno 2017 e sino all'esito del processo di adeguamento, la sospensione delle previsioni urbanistiche dalle quali traggono origine i piani attuativi;
- nei novanta giorni successivi all'adeguamento (che a norma del comma 3 avviene in occasione della prima scadenza del Documento di Piano), la verifica della compatibilità delle previsioni sospese con le prescrizioni sul consumo di suolo previste dal PGT.
La verifica potrà risultare:
- di incompatibilità assoluta (non superabile);
- di incompatibilità non assoluta (superabile tramite modifiche o integrazioni);
- di compatibilità.
Le conseguenze sono:
- nella prima ipotesi, l'"abrogazione" a cura dell'A.C. delle previsioni urbanistiche incompatibili;
- nella seconda ipotesi, l'adeguamento della proposta di piano in modo da farla rientrare nei criteri ai quali il PGT è stato adeguato,
- nella terza ipotesi, l'invarianza delle previsioni dello strumento urbanistico, di cui immaginiamo l'adeguamento del Documento di Piano darà atto.
La disposizione non chiarisce le procedure di abrogazione delle disposizioni incompatibili: un intervento del legislatore sul punto si impone.
Il principio di leale collaborazione
Al di là di queste considerazioni, il comma 9 è disposizione che, a livello di sistema, offre i profili più complessi in rapporto alla previsione di sospensione prima e abrogazione poi.
A fini che qui interessano - e riservando ad altra sede un approfondimento dedicato - è opportuno ricordare che:
- la riforma dell'articolo 117 della Costituzione ha inserito fra le materie di legislazione concorrente il "governo del territorio", con il vincolo del rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato (art. 117, comma 3);
- i comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite (art. 117, comma 8);
- la Regione Lombardia ha dato attuazione all'articolo 117, comma 3, con la legge n. 12 del 2005, attribuendo alla competenza comunale il compito di definire l'assetto dell'intero territorio comunale (artl 7) e riservando alla competenza regionale il compito di formulare un "parere" vincolante in relazione ai propri indirizzi di politica territoriale entro 120 giorni dal ricevimento del PGT, decorsi i quali il parere si intende reso favorevolmente (art. 13, comma 5bis);
- la l.r 12 non attribuisce alla Regione
- nè un potere di approvazione dei PGT (tant'è che nell'ipotesi in cui i comuni licenzino il piano senza impugnare in sede giurisdizionale il parere regionale disatteso, il comportamento dell'amministrazione locale è censurato dalla stessa Regione proprio sotto il profilo della violazione del principio di leale collaborazione tra enti territoriali: T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 2 ottobre 2012 n. 2450);
- nè un ritorno di delega.
Detto questo, poichè il principio di leale collaborazione opera orizzontalmente ed in senso biunivoco tra enti territoriali preposti alla programmazione territoriale, i quali sono tenuti a cooperare "senza più un rapporto di rigida gerarchia" (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 25 luglio 2008, n. 2994), pare quantomeno curioso che:
- gli enti locali, nell'esercizio delle funzioni loro attribuite, programmino lo sviluppo del loro territorio negli anni a venire attraverso il modello disegnato dal legislatore regionale, sottoponendo le scelte effettuate all'ente regionale e ricevendone l'assenso espresso o tacito;
- successivamente, lo stesso ente regionale possa - sentite le province e le città metropolitane ma non i comuni (cfr. art. 2, c. 2) - sospendere le scelte degli enti locali in materia di pianificazione attuativa sino alla concretizzazione di scelte strategiche della stessa Regione prima e delle Province, poi, imponendo - in caso di incompatibiltà tra queste e le previsioni di piano - al Comune di provvedere alla "abrogazione" delle scelte effettuate;
- nell'attesa dei criteri regionali - prima - e provinciali - poi - i comuni non possano intervenire modificando le previsioni e i programmi edificatori contenuti nel documento di piano, essendo così obbligati a mantenere le volumetrie previste fino all'adeguamento di cui al comma 3, anche quando volessero, con un nuovo strumento o una variante, ridurli o eliminarli (art. 5, comma 5, secondo periodo).
Al netto di cosa di intenda per "abrogazione" e, soprattutto, come si attui sotto il profilo delle procedure disegnate dalla l.r. 12, c'è da chiedersi in che modo la previsione del comma 9 rispetti il principio di leale collaborazione con gli enti locali, che la Regione dichiara nel proprio Statuto di voler porre "a fondamento della propria attività di governo" (art. 3, comma 3).
La Regione non può infatti ignorare che:
- alle restrizioni imposte per ragioni di spesa pubblica alle pubbliche aministrazioni in punto sia espropriazioni sia spesa;
- alle problematiche connesse ai vincoli di stabilità in punto spesa;
le amministrazioni comunali hanno risposto individuando nei piani attuativi di nuova generazione gli strumenti per la realizzazione delle previsioni pubblicistiche di piano interessanti l'intera collettività, non solo il comparto.
Privare, in così evidente assenza di confronto, le amministrazioni locali di tali strumenti significa:
- rinviare senza certezze le previsioni di sviluppo;
- imporre alle amministrazioni una accelerazione nella concretizzazione delle previsioni attuative che potrebbe non essere gradita o addirittura contemplata,
- sostitursi agli enti locali in sede programmatoria;
disattendendo così le indicazioni della Corte Costituzionale in ordine alla necessità di applicare il principio di leale collaborazione anche nei rapporti tra Regioni e enti locali (Corte Costituzionale 27 gennaio 2004, n 42; id. 28 giugno 2004, n. 196).
Di più, il principio di parallelismo sottostante alla potestà regolamentare ci dice che l'ente che conferisce, esercitando la propria potestà legislativa, l'esercizio di una funzione amministrativa si spoglia anche del potere di disciplinarne in via esclusiva l'organizzazione e l'esercizio (R. Bin, 2002).
Se il potere della regolamentazione amministrativa, riconosciuto come proprio degli enti locali dall'ottavo comma dell'articolo 118 della Costituzione, è stato esercitato nel quadro delle funzioni attribuite dalla Regione ai comuni, è difficile non intravedere un esercizio contraddittorio dei poteri regionali rispetto al principio di sussidiarietà posto dalla stessa Regione a limite e misura dei suoi poteri (l.r. 12, articolo 1, comma 2; Statuto regionale, articolo 3).
Difficile dire se tutto ciò configuri una lesione tale da condurre ad una pronuncia di incostituzionalità in parte qua della normativa regionale.
Certamente queste antinomie non possono essere descritte dall'interprete come esercizi ^disinvolti^ delle attribuzioni regionali, quanto invece risolte all'interno di un quadro di leale collaborazione istituzionale.
L'emanazione di una legge è infatti, il presupposto per la sua riforma.