[I]nterventi
Sopraelevazioni, normativa locale e distanze ex d.m. 1444: la posizione del Tribunale di Como
Autore: Lorenzo Spallino
Data: 9.8.2007
Utilizzo: questo articolo è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Italia
Crediti: si ringrazia il dr. Marco Mancini, giudice presso il Tribunale di Como, sezione distaccata di Menaggio, per aver fornito i testi delle decisioni relativi alla sezione.
La decisione n. 1991/2007 del TAR Lombardia Milano, sezione II
Attesa da tempo, la posizione del TAR Lombardia in materia di distanze dai sopralzi relativi a sottotetti realizzati ai sensi della legge regionale n. 12 del 31.3.2005, ha sorpreso più di un osservatore, vuoi per il fatto di essere stata resa con decisione in forma semplificata, vuoi, soprattutto, per l'allineamento del giudice amministrativo alle rigide posizioni del giudice ordinario sul punto. La posizione del TAR è nota e si fonda sul seguente sillogismo:
- ancorché la legge regionale lombarda n. 12 del 2005 qualifichi tale recupero come "ristrutturazione", la parte sopralzata è comunque una nuova costruzione, per cui sotto il profilo dell'ordinamento civile (di competenza esclusiva dello Stato) le distanze stabile in tale ambito non sono derogabili;
- qualora il recupero del sottotetto, ancorché ammesso in deroga alle norme locali, comporti sopralzo del tetto, esso è soggetto al rispetto della distanza di 10 metri tra pareti finestrate ex art. 9 d.m. n. 1444 del 1968, obbligo non superabile nemmeno con il consenso convenzionale tra privati confinanti.
La decisione è stata commentata da G. Pozzi su Edilizia e Territorio, Il Sole 24 ore, n. 20/2007, pagine 13/14.
Le ordinanze 10 febbraio 2006 e 2 maggio 2006 del Tribunale di Como

Pur non afferendo direttamente alla questione dei sottotetti, sono meritevoli di segnalazione il provvedimento 10 febbraio 2006, del Tribunale di Como, sezione distaccata di Cantù, e l'ordinanza 2 maggio 2006 emessa in sede di reclamo sul provvedimento citato, in quanto affrontano tematiche giuridiche connesse alle relazioni tra sopraelevazioni e distanze legali. Nella fattispecie, l'edificio interessato dalla sopraelevazione sopravanzava quello frontistante sia in larghezza che in altezza [v. immagine], ponendosi da esso a distanza inferiore a dieci metri.
L'ordinanza 10 febbraio 2006 afferma che la prescrizione contenuta nell’art. 9 del D.M. 1.4.1968, n. 1444, in ordine alla distanza minima tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti è “da ritenere comprensiva di un implicito riferimento al confine […] così che chi intenda costruire sul proprio fondo, in forza della previsione della distanza minima assoluta fra pareti finestrate pareti di edifici antistanti, deve in ogni caso rispettare la distanza di cinque metri dal confine”, anche là dove sovrapposizione non ci sia. L'ordinanza 2 maggio 2006 riforma la pronuncia del 10 febbraio, affermando che:
- la norma del d.m 1444 nulla dispone in materia di distanze dai confini, essendo dedicata a distanze tra edifici e di edifici che si fronteggiano, "cioè le cui proiezioni ortogonali si intersecano" (v. Cassazione civile, sez. II, 7 marzo 2002, n. 3340; Cassazione civile, sez. II, 16 febbraio 1996, n. 1201);
- l'obbligo di distanza di 10 metri tra due edifici vincola la porzione dell'edificio in ampliamento su cui il minor fabbricato altrui si proietta, anche quando la porzione in innalzamento verticale non sia interessata da (nuove) aperture, essendo sufficiente - perchè si parli di ^parete finestrata^ - che aperture vi siano in una delle due porzioni esistenti e fronteggiantisi.
La sentenza 14 novembre 2006 del Tribunale di Como, sezione distaccata di Menaggio
Attiene invece specificamente al tema dei sottotetti la sentenza 14 novembre 2006 emessa dal Tribunale di Como, sezione distaccata di Menaggio, in sede monocratica, con specifico riferimento ai sottotetti ex l.r. Lombardia n. 12 del 2005. Nella fattispecie, l'innalzamento conseguente alle opere di recupero del sottotetto andava a collocarsi a una distanza dal fabbricato vicino compresa tra mt 5,51 e 6,48: le opere vengono quindi realizzate in sovrapposizione piena all'esistente. Dotata di un ampio impianto argomentativo, la decisione può essere così massimata:
- gli standard urbanistici previsti dal DM n. 1444/1968 costituiscono un limite minimo inderogabile per i Comuni nelle formazione o revisione degli strumenti urbanistici, non immediatamente operante anche nei rapporti tra privati;
- costituendo le norme sulle distanze tra fabbricati previste dal DM n. 1444/1968 espressione di un principio fondamentale desumibile da norme aventi efficacia di leggi dello Stato - in quanto traente la sua forza cogente dall’art. 41 quinquies della Legge Urbanistica (arg. ex CC n. 4413/2001) - le stesse norme statali sono vincolanti anche per l’attività legislativa delle Regioni, fatta salva ovviamente la potestà o il potere discrezionale degli enti locali di fissare rapporti superiori o più gravosi per l’attività costruttiva;
- ai fini civilistici è irrilevante la qualificazione dell’opera di recupero del sottotetto come “intervento di ristrutturazione urbanistica” ai sensi della legge regionale n. 12/2005 della Lombardia, che ha valenza soltanto nell’ambito del rapporto pubblicistico tra pubblica amministrazione e privato richiedente o costruttore, senza estendersi ai rapporti tra privati;
- gli intervento di recupero dei sottotetti ai sensi della l.r. 12/2005 devono osservare la distanza tra fabbricati di mt. 10 prevista alla stregua dell’art. 873 c.c., come integrato dall’art. 9 DM n. 1444/1968 per gli immobili in zona urbanistica omogenea diversa dalla A, in quanto, qualora comportanti ampliamento esterno della sagoma del fabbricato esistente, costituiscono “nuova costruzione” in senso tecnico.
Le ordinanze 24 marzo 2006 e 29 giugno 2005 del Tribunale di Como, sezione distaccata di Menaggio
Necessarie per comprendere l'orientamento del foro di Menaggio in tema di applicazione del d.m. 1444 in presenza di normative (locali) contrastanti, sono le ordinanze 24 marzo 2006 e 29 giugno 2005. Esse afferiscono:
- la prima alla disapplicazione della modifica della normativa locale operata attraverso la procedura semplificata di cui alla l.r. Lombardia 23 giugno 1997 n. 23, portante modificazione dell’art. 7 delle NTA del PRG del Comune di Bene Lario che, eliminando il riferimento all’accordo con il confinante, consente di costruire sul confine anche in difetto di convenzione scritta tra i privati. In tale fattispecie il giudicante ha ritenuto che, permanendo la previsione del rispetto dei mt 10 tra costruzioni, si obblighi illegittimamente "il prevenuto a sopportare il rilevante sacrificio di mantenere la propria erigenda costruzione a mt 10 dal fabbricato confinante, con conseguente lesione del basilare principio di equa ripartizione tra confinanti delle limitazioni all’esercizio delle facoltà connesse al diritto di proprietà";
- la seconda alla disapplicazione della modifica della normativa locale operata attraverso la procedura semplificata di cui alla l.r. Lombardia 23 giugno 1997 n. 23, al fine di consentire la realizzazione di nuovi box alla distanza di tre metri da fabbricati esistenti, in tal modo riproducendo la previsione minima delle distanze tra fabbricati prevista dal codice civile. In tale fattispecie il giudicante ha ritenuto che la modifica in questione sia "palesemente illegittima, poiché in sostanziale contrasto con il disposto dell’art. 9 del citato D.M. 1444/1968, la cui efficacia immediata in sostituzione e disapplicazione di ogni norma regolamentare contraria, in ogni caso in cui sia subentrata una qualunque regolamentazione comunale successiva all’entrata in vigore dell’ormai remoto D.M., è ormai continuamente ribadita dalla Cassazione", con obbligo, per il giudice di merito, "di applicare, in sostituzione delle disposizioni illegittime, quelle dello stesso strumento urbanistico, nella formulazione derivante dall'inserzione in esso della regola sulla distanza fissata nel decreto ministeriale".
Se possono non essere condivise le valutazioni operate a proposito del principio della prevenienza in materia di distanze dei confini - con le quali è peraltro palese il contrasto con l'ordinanza 2 maggio 2006 emessa in sede di reclamo dallo stesso Tribunale di Como sull'ordinanza 10 febbraio 2006 della sezione di Cantù (v. sopra) - appaiono invece degne di nota le argomentazioni in forza delle quali il Giudice ha sindacato e valutato illegittimo il ricorso alla procedura semplificata prevista dall’art. 3 della legge Regione Lombardia 23 giugno 1997 n. 23, motivando sul punto del non corretto ricorso alla lettera i) del secondo comma dell’art. 2.
Conclusioni
In attesa della abrogazione del d.m. 1444 ad opera dal nuovo testo unico dell'urbanistica e della normativa (o delle normative) che ad esso si sostituirà, la problematica delle distanze applicabili alle sopraelevazioni non sta nella qualificazione dell'intervento secondo accezioni diverse rispetto a quelle che il legislatore si proponeva di attribuire: la giurisprudenza amministrativa - e più in generale il sistema amministrativo - sono usi a simili problematiche. Il problema sta piuttosto nelle conseguenze legate al diverso orizzonte temporale che l'orientamento civilistico, che oggi pare condiviso da quello del giudice amministrativo, affaccia: ossia al termine decennale per agire in giudizio, in luogo dei canonici sessanta/centoventi giorni per il ricorso a TAR e Capo dello Stato, con quanto ne deriva in termini di ampia violazione del principio della certezza del diritto e di affidamento nei provvedimenti amministrativi. Di più: mentre il giudice amministrativo, che pur accerti l'illegittimità dell'opera, non può sostituirsi alla pubblica amministrazione ordinandone la demolizione, il giudice civile non può che provvedere in tal senso qualora richiesto ai sensi dell'articolo 872 c.c. Farlo a distanza di un decennio dalla realizzazione del manufatto, magari in presenza di cessioni nel frattempo intervenute, affaccia problematiche di non poco conto. In primis per le pubbliche amministrazioni, che nemmeno tanto paradossalmente dovrebbero riflettere sull'opportunità di inserire clausole di esenzione di responsabilità nei titoli rilasciati.